venerdì 3 marzo 2017

Posta Precaria

Il romanzo Le bugie dei bravi ragazzi tratta un tema attuale, sempre più minaccioso e avvilente: il precariato e tutto ciò che di angoscioso e più o meno tragico ne può derivare.
Alcuni ragazzi mi hanno scritto per raccontarmi le loro esperienze: non possono permettersi un affitto, un mutuo o una semplice vacanza, che sembra un aspetto superficiale, frivolo, invece deve essere un diritto aspirare almeno a qualche momento di felicità.
 Si tende a sopravvivere, a portare a casa la giornata mi accorgo che il cerchio si allarga sempre più.
 Di mio tendo a sdrammatizzare, io stessa sono una precaria impenitente, l'ironia seppur amara sembra avere un qualche effetto placebo.
Galleggiamo nell'attesa di...
Ma nel frattempo: 

  Lavorare con stanchezza

Si svegliò stanca anche quel giovedì mattina, gli occhi gonfi, la testa pesante, le gambe che si trascinavano da sole verso la cucina, per inerzia, per abitudine, un'abitudine che cercava di sopportare, da circa due anni.
Erano le 6.45, di mattina. Alzò la persiana
Doveva decidersi a comprare un pigiama nuovo, ormai l'elastico non teneva più e i fiorellini viola su sfondo azzurro erano crepati e sbiaditi.
Doveva trovare il tempo di depilarsi, non aveva mai avuto dei peli così lunghi sulle gambe. Ad un occhio esperto (di donna) di sicuro non erano sfuggiti sotto le calze color carne. Quei fili neri, scuri, lunghi, quanto? Un centimentro? Forse anche uno e mezzo.
Ne prese uno tra le dita e tentò di strapparlo. Al secondo tentativo ci riuscì
. Avrebbe continuato se la caffettiera non avesse iniziato a sbuffare e a versare a tradimento il caffè sul piano cottura.
Le ascelle le aveva abbandonate a se stesse, ormai allo stato brado. Solo durante l'estate si imponeva di depilarle, in teoria una volta alla settimana, in pratica quando serviva davvero. Che vergogna pensò incrociando le braccia fino ad abbracciarsi. Si stiracchiò concedendosi un momento solo suo, provando del fugace piacere.
Doveva comprarsi un paio di pantaloni, quelli blu erano lisi ormai.
Doveva scongelare qualcosa per la cena, la carne l'avevano mangiata ieri, forse toccava al minestrone, che era rinchiuso nel freezer da mesi e gridava dignità. Di sicuro il marito avrebbe brontolato per la scelta poco sostanziosa tendete al veganesimo.
Doveva comprare i cracker, il pane magari, scongelare le olive ascolane o una salsiccia. 
Alle 7 meno 4 minuti, estraendo il pesante cassettone di plastica dal freezer fece rumore: la vicina le avrebbe battuto sul muro,  come capitava tutte le mattine del resto.
Puntuali arrivarono i due colpi col manico della scopa. Ma la signora era sempre pronta al di là del muro? Non dormiva mai? Non si abbioccava? Non cambiava mai stanza?
Doveva fare meno rumore.
Doveva doveva doveva. Ma come poteva?
Fortunata te che hai il lavoro da tanto, le dicevano gli altri.
Ma gli altri cosa ne sapevano? Cosa gliene  importava alle amiche se  il marito lo incrociava tra le 20.30 e le 21.30? Tra i piatti, i vestiti da stirare e la doccia poi si perdevano di vista nell'appartamento di 70 metri quadri.
Cosa gliene importava agli altri se non si comprava delle mutande carine da un anno? Se non si sedeva in terrazza, al sole, a leggere una rivista? O se non riusciva ad andare al cinema?
E le stelle? Da quanti mesi non si fermava a guardare le stelle in cielo?  Da quando la sua vita si era ridotta a: lavorare, sistemare casa e dormire?
Occhiaie, capelli spenti, vestiti vecchi e sformati. E la stanchezza che non l'abbandonava mai.
E le provava tutte: bacche di goji, zenzero fresco, zenzero disidratato, caffè al gingseng vitamine a b c d e f g h i.. forse avrebbe dovuto prendere lettere in prestito da altri alfabeti, vitamine e radici da altre culture.
Si guardò allo specchio, il mascara allungato con l'acqua era l'unico vezzo che non aveva abbandonato. Prese il burrocacao rosa e girò la rotellina fino alla fine, ma era finito da qualche giorno così tentò di infilarci il dito dentro per recuperarne un velo.
Indossò il casco, girò la chiave con attaccato il peluche di una foca senza un occhio e partì con lo scooter, già sfinita.
Non superava le auto, aspettava in fila, così si riposava tra un rosso e l'altro. Tra un coda e l'altra. E sentiva la stanscezza scenderle nelle gambe.
Tra 10 ore forse sarebbe tornata a casa.

Indossò la casacca del supermercato, si accomodò sulla sedia un poco sfondata e sfoggiò il suo miglior esausto sorriso plastificato.
Dovevano comunicare cortesia e disponibilità.
Partì la radio, le porte si sbloccarono.
Le rotelle dei carrelli iniziarono a cigolare.
A breve sarebbe arrivato il primo cliente e l'inconfondibile "bip" in cassa.
L'avrebbe salutata? A vederlo così, dall'espressione del viso forse sì.  


Fine prima parte

 

 

 

 

  Il Custode Del Cimitero

Cosa c'è di sicuro a sto mondo? Più di San Remo, più dei selfie di Belen, più di "Una poltrona per due" sotto Natale, più degli sconti sui divani che devono terminare e invece non finiscono mai?
Ecco: La muerte, 'A Livella
(Tiè)
Nonostate sia la questione più a tempo indeterminato che mi venga in mente la cosiddetta crisi ha livellato pure i custodi del cimitero.
Un ragazzo, T., mi ha raccontato la sua esperienza precaria: "Non è che il mio obiettivo è sempre stato quello di fare il custode dei cimiteri, però il Comune cercava queste figure per un progetto dedicato ai disoccupati da anni e io lo ero, e anzi lo sono di nuovo se per caso qualcuno legge.."
"Ah beh, caschi bene qui. Scrivetemi se avete un lavoro per T... E se avete un contratto serio con una casa editrice per me"
Ammetto che mi sono venute in mente un sacco di sciocche paranoie legate a questo importante mestiere (Zombie, poltergeist, spiriti molesti, rumori sinistri)

Importante perchè il custode è una figura vitale per il cimitero e per chi lo frequenta. Rende accogliente il luogo, lo preserva e lo custodisce. Le persone che ci vanno si sentono protette, ma mica per paura degli zombie.*
Protette perché ci sono degli uomini/donne di merda che rubano i fiori, gli ornamenti e metalli vari nei cimiteri.
Le signore, magari quelle più anziane, che vanno a salutare i cari trovano il cimitero pulito, in ordine, sono contente e quindi sollevate. Lo so, dirlo così sembra singolare e non so come scriverlo senza sembrare surreale, ma per qualcuno sapere che chi è mancato riposa davvero in pace, nonostante tutto, è un'idea consolatoria.
Messaggio Subliminale
"Si sentivano più tranquille quando c'ero io, non avevano paura" e credevano che in qualche modo il custode avrebbe salvaguardato il cimitero dalle intemperie e dai ladri di fiori e di ornamenti.
"All'inizio non sapevo come avrei passato il tempo". Che si fa in un cimitero? Che può succedere?
"Ce n'era da fare, sistemavo le aiuole, spazzavo, aiutavo le vecchine a portare l'acqua, le accompagnavo alle tombe. Col passare del tempo hanno iniziato a sorridermi, non più sospettose; si attaccavano al mio braccio, mi raccontavano le loro storie e mi spiegavano chi andavano a trovare: mariti, figli, fratelli, amanti. Vengo per assicurarmi che mio marito sia sempre sottoterra, era così cattivo, per carità che resti là sotto! Mi portavano cioccolatini e torte fatte in casa, qualcuno mi dava anche la mancia".
Col passare del tempo (circa cinque mesi) però i fondi finiscono, così T. resta a casa, con grande dispiacere suo e delle sue affezionate.
"Scriveremo al Comune, diremo che il cimitero è più in ordine da quando ci sei tu, che non abbiamo più paura dei delinquenti"
"Chissà se hanno scritto davvero, sono cose che si dicono... Ero il custode di due piccoli cimiteri, andavo avanti e indietro, tenevo in ordine, tutti erano contenti. Avevo trovato un mio equilibrio, anche se precario... ma non ci sono fondi per queste cose".
E sono iniziati di nuovo i furti.

Nemmeno più al cimitero si sta in pace.


*Ovviamente l'attacco zombie è stata la prima cosa a cui ho pensato sentendo le parole "custode del cimitero", se poi alle cinque del pomeriggio è già buio e se il cancello automatico si serra... Vabbè, ma io non faccio testo.


Who let the dogsitter out

C. 23 anni, studentessa universitaria e amante degli animali offresi come dog sitter. All'indirizzo di posta elettronica le sono arrivate alcune proposte riguardanti incontri particolari dove le passeggiate con i cani c'entravano poco e un'effettiva proposta da parte di Simba*, un barboncino bianco di quattro anni e con tanta voglia di uscire. Più o meno si trattava di restare un'ora in passeggiata e possibilmente vicino al parco sotto casa, sarebbe stato il caso però di non fare incontrare troppo focosamente Simba con gli altri cagnolini. La signora tutto sommato sembrava tranquilla, solo non aveva troppa voglia di uscire col cagnetto che era sempre agitato. 6 euro all'ora, guinzaglio e sacchettini in dotazione.

Poco importava se la signora dell'Est che fa le pulizie a casa di Lady Simba prende 10 euro all'ora; C. l'aveva scoperto un pomeriggio ascoltando per caso una conversazione tra le due, mentre cercava di allacciare il guinzaglio a Simba che non collaborava per niente.
Poco importava se era in nero e i suoi guadagni erano vincolati dal meteo inclemente.
Tre o quattro uscite a settimana erano meglio di niente per iniziare con l'attività di dogsitter. "Di questi tempi bisogna ingegnarsi, dicono che la crisi aiuti a mettere in moto il cervello, le capacità, l'inventiva..mah".
Nell'ultimo periodo però, per caso, fatalità, le capitava sempre più spesso di incontrare la signora Simba per strada, che poi si doveva accollare fino al parco. E che poteva fare C. quando l'ora stava per scadere e la signora non la smetteva di parlare? Doveva mollarle il cane o accompagnarla a casa? Di sicuro la donna aveva un gran bisogno di compagnia, però pure le dispense di psicopatologia generale e dello sviluppo ne avevano.
E se non le tendeva l'agguato quotidiano le telefonava mentre era in passeggiata per chiederle di passare dal fruttivendolo a comprarle i fagiolini o di fermarsi dalla parrucchiera per prenotarle la tinta; di andare un attimo al supermercato a prenderle un etto di prosciutto crudo magro o di passare all'Acqua e Sapone a comprare l'ammorbidente Soft. Portare Simba a spasso voleva dire perdere due ore e mezza, tra l'andata, il ritorno e le commissioni extra: e sempre 6 euro erano, in pratica se ne andavano il pomeriggio e lo studio. Ma come poteva confessarle di non poter più perdere tutto il pomeriggio? Come faceva a dirle che non era una dama di compagnia?
"Sono andata avanti tre mesi e poi le ho detto che mi sarei trasferita in un'altra città, non volevo spezzarle il cuore, ma dovevo laurearmi!"

Non è un caso estremo di precariato, per arrotondare tutti, o molti, abbiamo fatto lavori simili, questo caso è solamente uno spaccato di vita universitaria, anche questi lavoretti hanno insidie e lati oscuri...!

*Simba non è il vero nome del barboncino, l'ho sentito per strada poco fa. 

Se ti sposi, ti livello  

Nuova "letterina" arrivata da una giovane donna, la chiameremo S. S. lavora circa da 2 anni in un ufficio, conctat center anzi, più o meno sono in quindici persone, c'è chi va, c'è chi resta. Si trova bene tutto sommato, anche se non smette di cercare concretamente o idealmente altri lavori: è precaria, ogni 4 mesi circa le rinnovano il contratto, finora le è andata bene.

C'è un ma come nella migliore delle tradizioni.
S. è fidanzata da quattro anni e il giovanotto in questione, durante un pranzetto preparato da lui, le fa trovare l'anello dei suoi sogni all'interno di una capasanta vuota, ma lavata col sapone, ci tiene a precisare. Non è quello il ma incriminato.
Oltre a scegliere il ristorante e chi invitare per non offendere nessuno a S. sale subito l'ansia per un'altra fondamentale questione: come dirlo a lavoro? Meglio comunicarlo alla capa o al socio maschio? Sarà saggio dirlo all'ultimo momento o con largo anticipo
Il primo litigio dopo la proposta di nozze è andato più o meno così:
 Mi lasciano a casa di sicuro, dice sconsolata al futuro sposo. Ma scusa, ci sposiamo, non sei felice??
Sì, tanto, ma perdo il lavoro di sicuro. 
Eh vabbè, dice lui, ne troverai un altro.
Tu sei indeterminato, la fai facile tu! Poi se ci sposiamo di sicuro nessuno mi vorrà più perchè pensaranno che resto incinta!
SE ci sposiamo? Non vuoi più??
Sì sì lo voglio!
Fino a ieri volevi sposarti e avere due o tre figli!

"Lui non capisce la mia ansia, le mie paure, io voglio sposarmi, ma ho lo stesso il terrore di non poter più lavorare. Abbiamo l'affitto, le bollette e se poi verranno bambini? Non capisce, sembra non prendermi sul serio"

S. fin da piccola sogna di sposarsi e di mettere su famiglia, adesso però le sembra più complicato del previsto, c'è quel fastidioso tarlo che non la fa essere felice al 100% come invece avrebbe pensato.

Una mattina chiede udienza alla capa, magari essendo una donna mi capisce. Magari. Aveva l'ansia di dire alla responsabile la cosa che (pensava) l'avrebbe resa la più felice del mondo.
Messaggio subliminale

Il dialogo è andato più o meno così:
Ciao Xxxxa, niente, è che avevamo pensato di sposarci, ma... così sai com'è..
Pausa infinita. Risatina nervosa. Era glaciale.
Dall'altra parte uno sguardo indecifrabile, di sicuro non gioioso, tipo quando uno ti frega il posto al parcheggio del supermercato
Ok, congratulazioni! Quando? A te quando scade il contratto?
Così, in modo velato.
Era glaciale due.
Il contratto scade il 31 maggio. Però ancora non so di preciso quando sarà il matrimonio.
 In realtà dipende dalla "variabile contratto".
Non ti sposare prima del 31 eh??
Risate.
"No no, figurati, magari a settembre, sai com'è... Ma secondo te, ci saranno possibilità di rinnovo o...?
Le sembrava di aver chiesto il quarto segreto di Fatima. O un rene. O un aumento di stipendio.
Ci penseremo al contratto! Hai già un'idea per il vestito? 

S. sta ancora aspettando una risposta, ovviamente. Sa che in estate ci sarà un calo fisiologico del lavoro e qualcuno verrà falcidiato. E' la natura. Forse avrebbe dovuto attendere gli ultimi giorni per parlare del matrimonio. E' stata troppo onesta? 
L'amore ai tempi dei precari.





Insulti e umiliazioni Gratis
C'è chi a 40 anni suonati è costretto a subire umiliazioni, angherie e minacce di licenziamento. 
"Licenziamento? Ma se non sono nemmeno in regola?"
"Sì, ma ho la fila: ci sono 200 ragazzi che sbavano e aspettano solo di prendere il tuo posto. In fondo che fai? Tutti possono fare quello che fai te"
Uno o due voucher per dare una parvenza di legalità e poi lavoro in nero, di notte, a 7 euro l'ora.
"E lui ne fa di soldi, lo vedo. A me invece ne toglie di soldi, minimo un'ora a settimana. E mi dice di non stare fermo, di muovermi sempre anche se in quel momento non c'è molto da fare".
"Ti chiamo mezz'ora prima se non devi venire, tanto che cazzo devi fare?"
 Che si può fare in questi casi? Si accetta l'umiliazione per portarsi a casa qualche euro finché non si trova altro? Si fa finta di non sentire? 
"O lo  mando a fanc.lo? Ho più di 40 anni, non ne ho 15. Che faresti te? A volte non ce la faccio, mi sale un nervoso, ma non voglio rispondere sennò..."

In un altro momento storico nel quale non si sia quasi obbligati ad accettare sadici soprusi e cattiverie gratuite, o tutti i lavori che capitano, personalmente io gli avrei tirato dietro qualsiasi parolaccia mi fosse passata per la testa, senza filtri, ma se uno ha bisogno... Non lo so.



250 euro al mese tutto compreso

Una ragazza di 26 anni, abbastanza fresca di laurea, trova uno stage in un ufficio stampa: 250 ricchi euro al mese e 9 ore di lavoro. La responsabile spesso è assente e le mansioni sono dettate al telefono. 
"Ma io la prima settimana non lo sapevo dov'erano i fascicoli, non sapevo dove si trovavano le cartelle, i file salvati. Alcuni mumeri di telefono e mail erano sbagliate, come potevo fare? Mi dovevo inventare i numeri? Le lettere degli indirizzi?
Ma la cosa peggiore era che dovevo andare a farle la spesa, portare giù  il cane a fare la pipì e quando la faceva in ufficio dovevo asciugare io la pozza, perché sto imbecille di cane quando si emozionava la faceva ovunque. E si emozionava tre, quattro volte al giorno: quando suonavano il campanello, quando suonava il telefono, quando entrava qualcuno.
La responsabile mi chiamava anche alle 11 di sera per sapere se avevo telefonato a quella tizia o per chiedermi di passare al supermercato a comprare le scatolette per il cane, possibilmente prima di arrivare in ufficio. Ho studiato per quello? Per comprare crocchette di pollo con mais da agricoltura biologica? Costa più di quello che mangio io. Ma non è per il cane... Sono arrivata a odiare tutti lì, cane compreso. E poi dovevo fare la lecchina con le sue clienti, tutte false. Una volta ho dovuto portare giù due cani. Era così arrogante la titolare, ricca e viziata, lavorava per gioco, per sfizio, per sentirsi importante. Non era nemmeno laureata, ma si firmava con "dottoressa". E con me era sempre arrogante, ma in modo sottile, una gentilezza falsa. Mio padre mi ha chiesto di stare a casa, ero esausta, sfibrata, esaurita, ma lui è ancorato a un'epoca dove la dignità aveva ancora un senso.
Mancavano 10 giorni a fine mese quando le ho detto che avevo trovato un altro lavoro, me li ha tolti dallo "stipendio".
E ovviamente niente TFR...

La costante sembra l'umiliazione, il sopruso. Chi è avvantaggiato e chi viene sfruttato. Chi può permettersi di mandare a fanc.lo e chi invece è costretto a subire.



Confessioni di una ex stagista

Ci risiamo, laurea e master, ma la domanda che il ragazzo si sente fare è: Sa guidare lo scooter?  

Eterno dilemma:  accettare quello che capita o aspettare la grande occasione? Scegliere il lavoro per cui si è studiato o iniziare a guadagnare qualcosa? Si parte del basso, hanno risposto.  Ma in genere... quanto dura la gavetta di sti tempi?

A proposito di gavetta mi ha scritto una ragazza per raccontarmi di uno stage organizzato da un'agenzia interinale, dalla regione, dall'europa o dal mondo, che avrebbe dovuto consegnarle "il badge"  per accedere al fatato mondo del lavoro.

Magro rimborso spese per la benzina, ma il pieno di aspettavive...

Società del NordEst, ricco proprietario spesso assente per partite di squash, tennis, golf o weekend lunghi. Spin off dell'azienda del padre.

C'è anche un segretario tuttofare, più giovane della nostra stagista, un po' arrogante , ma gestibile, perlomeno all'inizio dell'avventura. Nella scrivania della ragazza non c'è una penna, nè un bloc notes, tanto meno un pc. Si porta il portatile da casa, poco male.

"Ok.  Quindi? Che Faccio? Cosa devo fare? Chiedo al segretario contabile"

"Boh, non mi ha detto niente X. Sta là ferma" E così per una settimana. Otto interminabili ore.

Una mattina si palesa il responsabile che la convoca in ufficio: chi sei, dove abiti, che hai studiato, hai il moroso?

Leggi le mail, rispondi, vedi se puoi prendere contatti per vendere. Vivi sola o con i tuoi? Siamo in fase di sviluppo, vedremo.

Nessuna mansione certa, nessuna direttiva; scoraggiamento e perplessità.

Un pomeriggio, di quelli che alle cinque è già buio pesto e sembrano le undici di sera, passando dietro al pc del segretario tuttofare la stagista butta l'occhio sullo schermo, "foto molto osè, anzi proprio porno e questo se le fotocopiava pure!"

In un primo momento la stagista ride, dentro di sè: i soliti maschi, pensa.

Poi però inizia il disagio, soprattutto quando il ragazzo inizia  a farle battute. Battute a sfondo sessuale. Sì vabbè, le solite donne che gridano allo scandalo per niente, i primi commenti degli amici.

Messaggio subliminale

"Non sono una puritana e accetto la battuta, ma quando mi chiedeva che mutande indossavo? Che taglia avevo di reggiseno? Cosa avevo fatto la notte prima? Le prime volte abbozzavo un sorriso, poi ho deciso di ignorarlo. Continuava, gli ho detto che non mi faceva ridere.  Mi metteva a disagio. Che dovevo fare? Era solo un ragazzino da rimettere a posto? Dovevo riferirlo al responsabile? Mi avrebbe creduta? Sarei rimasta solo tre mesi, era il caso di fare storie?

Magari ci vuole provare, ma di sicuro è un coglione mi hanno detto le mie amiche: resta a casa, dillo al capo, rispondigli male.

Gli ho ripetuto di smetterla.

Un pomeriggio torna dal bagno e mi dice, ordina?, di andare a pulire perché era sporco.

"Visto che non c'è lavoro che ti costa? Le vere donne lo fanno".

"Anche i maschi, ha ribattuto la stagista. E poi ci sono le signore delle pulizie per questo."

"Te la tiri? Non vuoi pulire? Non vuoi lavorare?"

"Ma perché devo pulire io il cesso se hai sporcato tu?". Ma era tutto così assurdo, patetico.  Qualcuno mi ha detto che non c'era niente di male, altri che potevo mandarlo a fanc... Per fortuna i tre mesi sono passati, lentamente, ma sono passati. 

Tre euro all'ora, umiliazioni e nemmeno un caffè offerto dal ricco responsabile (gli avevo fatto un ordine per 30mila euro), nemmeno un grazie a dire la verità.



A sto mondo non si sa più che santo pregare.



Barbara






p.s. Se vi va... raccontatemi le vostre esperienze precarie a:
     barbara.raymondi78@gmail.com
 



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